USUCAPIONE E INTERRUZIONE DEI TERMINI:
NON BASTA LA “RACCOMANDATA”!

  • 7 anni fa
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usucapione solida immobiliare

Avrai certamente sentito parlare dell’usucapione, della possibilità, cioè, di acquisire la proprietà di un bene (nel nostro caso, un bene immobile) attraverso il possesso continuato per un certo periodo di tempo; per i beni immobili: vent’anni. (Cod. Civ. Art. 1158. “La proprietà dei beni immobili e gli altri diritti reali di godimento sui beni medesimi si acquistano in virtù del possesso continuato per venti anni.”).

 

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Il proprietario dell’immobile può (e dovrebbe) interrompere il decorso del termine ed evitare, quindi, di vedersi sottrarre la proprietà per il solo fatto di essere rimasto inerte. Ebbene, se hai pensato che per interrompere i termini bastasse una diffida o una messa in mora inviata tramite lettera raccomandata, email, telegramma o peggio ancora verbalmente, sappi che non è affatto sufficiente!

È necessario, invece, compiere atti materiali, che privino concretamente il possessore del potere di fatto sulla cosa (es. recinzione del terreno) oppure atti giudiziali diretti ad ottenere la materiale consegna di tutti i beni immobili sui quali si vanti un diritto di proprietà (es. notifica di un atto di citazione). Il possesso di un bene, infatti, può esercitarsi anche in aperto contrasto con la volontà del proprietario (Cass. Ord. n. 20611/2017; Sent. n. 15927/2016; Sent. n. 9845/2003).

C’è di peggio! Perché, se anche il possessore dell’immobile riconoscesse di non esserne il proprietario, neppure questo sarebbe sufficiente; si richiede, invece, che il possessore esprima “la volontà non equivoca di attribuire il diritto reale al suo titolare…” (Cass. Ord. n. 20611/2017). In altre parole, non basta che il possessore stesso affermi “l’immobile non è mio”, ma è necessario che dica “l’immobile è tuo”; perché una cosa è riconoscere di non essere proprietario, altro è attribuire la proprietà a qualcun altro (sic!).

 

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Di più! Se pensavi fosse finita qui, ebbene, non è così: neppure la vendita dell’immobile oggetto di usucapione può essere opposta al possessore. Nella recente pronuncia della Corte di Cassazione da cui questo articolo prende spunto, si afferma (sostanzialmente) che neppure la vendita a terzi del bene da parte del proprietario dell’immobile – anche se conosciuta dal possessore – sia sufficiente ad interrompere il decorso del termine per l’usucapione del bene, se il possesso non è stato impedito materialmente o giudizialmente¹.

Cosa fare esattamente

Il proprietario del terreno, quindi, per interrompere correttamente il decorso del termine utile all’usucapione ed evitare di vedersi sottratto l’immobile deve necessariamente:

  • Privare materialmente il possessore del possesso della cosa (recintare, apporre un cancello, cambiare le serrature, ecc.)

  • Citare in giudizio il possessore per riottenere la disponibilità dell’immobile

1 Cass. Ord. n. 20611/2017 (…inoltre è pacifico che l’atto negoziale intercorso tra i ricorrenti e terzi, con il quale i primi disponevano del bene oggetto di usucapione non è opponibile al possessore; secondo la giurisprudenza di questa Corte, infatti, “nel giudizio promosso dal possessore nei confronti del proprietario per far accertare l’intervenuto acquisto della proprietà per usucapione, l’atto di disposizione del diritto dominicale da parte del proprietario in favore di terzi, anche se conosciuto dal possessore, non esercita alcuna incidenza sulla situazione di fatto utile ai fini dell’usucapione, rappresentando, rispetto al possessore, “res inter alios acta”, ininfluente sulla prosecuzione dell’esercizio della signoria di fatto sul bene, non impedito materialmente, né contestato in modo idoneo” (Sez. 2, n. 18095 del 2014)…)

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